Legge 104, i permessi mensili anche ai conviventi

Legge 104, i permessi mensili anche ai conviventi

Ancora una volta è la Corte Costituzionale a modificare le disposizioni della normativa riguardante l’assistenza per le persone con disabilità (con certificazione comma 3, art. 3 della legge 104/92). Dopo essere intervenuta sul congedo straordinario (estendendo la platea dei fruitori, in origine godibile esclusivamente dai genitori, secondo un ordine gerarchico, ai fratelli – sentenza 233/2005-, ai coniugi –sentenza 158/2007– ai figli -sentenza 19/2009 e poi al parente/affine entro il terzo grado – sentenza 203/2013), oggi la Corte Costituzionale entra nel merito dei destinatari dei permessi mensili.
Con sentenza 213/2016, depositata in Cancelleria il 23 settembre scorso e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 39 del 28/9/2016, la Corte suprema dichiara “l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (—), come modificato dall’art. 24, comma 1, lettera a), della legge 4 novembre 2010, n. 183 (—) nella parte in cui non include il convivente – nei sensi di cui in motivazione – tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado”.

Pur ribadendo la distinta considerazione costituzionale della convivenza e del rapporto coniugale, la Corte non esclude la comparabilità delle discipline riguardanti aspetti particolari dell’una e dell’altro, e in questo caso l’elemento unificante tra le due situazioni viene dato dall’esigenza di tutelare il diritto alla salute psico-fisica della persona con disabilità grave, nella sua accezione più ampia, collocabile tra i diritti inviolabili dell’uomo ex art. 2 Costituzione.
D’altra parte, – si legge nel testo della sentenza – ove così non fosse, il diritto – costituzionalmente presidiato – del portatore di handicap di ricevere assistenza nell’ambito della sua comunità di vita, verrebbe ad essere irragionevolmente compresso, non in ragione di una obiettiva carenza di soggetti portatori di un rapporto qualificato sul piano affettivo, ma in funzione di un dato “normativo” rappresentato dal mero rapporto di parentela o di coniugio“.

QUI la scheda informativa prodotta da Salvatore Nocera